Negli ultimi giorni ha fatto discutere la dichiarazione di Elio, che ha attaccato il Festival di Sanremo e la scena musicale attuale, criticando in particolare l’uso massiccio dell’autotune e il fatto che molti cantanti senza questo strumento non riuscirebbero a esibirsi dal vivo. Il commento è stato percepito come un attacco diretto a Olly e ad altri giovani artisti che fanno uso di questo effetto nella loro musica.
Per Elio non c'è paragone tra la musica di ieri e quella attuale. "Visto che il rock di oggi o sì rifà al rock degli anni 70 o è proprio quello, la domanda che sorge spontanea è: cos'è stato inventato? Nulla – chiarisce il cantante – La musica di oggi non è peggiore di quella di prima, la musica di oggi non esiste". E sul rap: "Non per fare ancora il nonno, ma quella non è musica. Piuttosto un assemblaggio, nel 90% dei casi, di roba preesistente fatta da gente che non sa suonare".
Elio: "Vorrei vedere dei ventenni spaccare, invece di sentirli cantare con l'autotune"
Elio non nasconde di sentirsi abbattuto per il panorama musicale di oggi: "La mia umiliazione massima è stata ascoltare la canzone vincitrice di Sanremo cantata con l'autotune". Mi sento un signore della terza età con la forza di spaccare che vorrebbe vedere dei ventenni spaccare invece di andare in giro a cantare con l'autotune. Sia chiaro che non è tutto così, visto che sul palco con me ci sono dei ventenni che suonano come dei draghi.
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Ma quanto c’è di vero in questa critica? E come si sentono gli artisti come Olly rispetto a queste affermazioni?
L’autotune: strumento o stampella?
Partiamo da un concetto chiave: l'autotune non è il problema in sé. È uno strumento, un effetto come il riverbero o il delay, che può essere usato con criterio o in maniera eccessiva. Ariana Grande, per esempio, lo utilizza per colorare la sua voce, ma ha un controllo vocale impressionante. Anche Mahmood ne fa un uso stilistico, pur avendo un’ottima tecnica. Il discorso cambia quando l’autotune diventa una necessità e senza di esso il cantante non sarebbe in grado di sostenere una performance.
Qui Elio ha ragione: ci sono tantissimi ragazzi con grande talento vocale che faticano a trovare spazio, mentre altri arrivano in alto pur non avendo una preparazione adeguata. Ma questa non è una novità.
Essere un cantante significa saper cantare?
La domanda è provocatoria, ma ha senso: in quale altro settore si può lavorare senza conoscere le basi? Un programmatore non può sviluppare software senza saper scrivere codice, così come uno chef non può improvvisarsi tale leggendo le ricette di Giallo Zafferano. Nella musica, un chitarrista che si esibisce a Sanremo ha studiato anni per suonare quello strumento. Perché per i cantanti sembra non valere la stessa regola?
È un paradosso che fa riflettere. La voce è uno strumento a tutti gli effetti e richiede studio e tecnica per essere usata al meglio. Non è questione di “essere virtuosi”, perché la storia ci insegna che ci sono stati cantautori straordinari che non erano tecnicamente impeccabili, come Bob Dylan, Francesco De Gregori, Giorgio Gaber. Ma in loro c’era una caratura artistica tale da rendere secondario l’aspetto tecnico.
E la produzione musicale?
Elio ha criticato anche la produzione musicale odierna, dicendo che il 90% è basato su campionature. Anche qui c’è del vero, ma il discorso è più ampio: l’arrangiamento e la produzione oggi richiedono competenze diverse rispetto al passato. Se negli anni ‘70 e ‘80 si suonava tutto dal vivo con una band, oggi un producer deve avere conoscenze di sound design, mixaggio, armonia e molto altro. Ridurre il lavoro di un produttore all’uso dei campioni è troppo semplicistico.
Il ruolo dell’industria musicale
L’industria musicale ha subito una trasformazione radicale negli ultimi decenni. Con l’avvento del digitale, la musica è diventata più accessibile, ma anche più competitiva. Questo ha portato a una maggiore attenzione verso l’immagine e il marketing, spesso a discapito della qualità artistica. L’autotune, in questo contesto, diventa uno strumento per rendere i brani più “perfetti” e commercialmente appetibili, ma rischia di appiattire l’unicità delle voci.
La percezione del pubblico
Il pubblico gioca un ruolo cruciale in questo dibattito. Se da un lato c’è chi apprezza la purezza di una voce non alterata, dall’altro c’è chi trova affascinante l’uso creativo dell’autotune. La domanda è: il pubblico è consapevole di quanto l’autotune influenzi la musica che ascolta? E, soprattutto, gli importa? Forse, in un’epoca dominata dall’estetica e dall’immediatezza, la perfezione tecnica è diventata più importante dell’autenticità.
La formazione degli artisti
Un altro aspetto da considerare è la formazione degli artisti. Mentre in passato molti cantanti si formavano attraverso anni di studio e pratica, oggi alcuni artisti emergenti raggiungono il successo senza una solida base tecnica. Questo non significa che siano meno talentuosi, ma pone interrogativi sulla sostenibilità delle loro carriere a lungo termine. Senza una buona tecnica vocale, è difficile mantenere un livello di performance costante nel tempo.
L’evoluzione della musica
La musica è sempre stata in evoluzione, e l’autotune è solo l’ultimo di una serie di strumenti che hanno cambiato il modo in cui la musica viene creata e consumata. Dagli anni ‘50, con l’introduzione del microfono, agli anni ‘80, con l’avvento delle drum machine e dei sintetizzatori, ogni innovazione ha portato con sé critiche e resistenze. Forse, invece di demonizzare l’autotune, dovremmo considerarlo come parte di questa continua evoluzione.
Il futuro del canto
Cosa riserva il futuro per il canto? Con l’avanzare della tecnologia, è possibile che l’autotune e altri strumenti di correzione vocale diventino sempre più sofisticati e impercettibili. Questo potrebbe portare a una nuova era in cui la distinzione tra voce naturale e voce alterata diventerà sempre più sfumata. La sfida per gli artisti sarà trovare un equilibrio tra l’uso di queste tecnologie e l’espressione della propria autenticità.
La responsabilità degli artisti
Gli artisti hanno una responsabilità nei confronti del pubblico e della musica stessa. Usare l’autotune in modo creativo può essere una scelta artistica valida, ma è importante che gli artisti siano trasparenti riguardo al loro uso di questi strumenti. Inoltre, dovrebbero continuare a lavorare sulla propria tecnica vocale, per garantire che la loro arte rimanga autentica e sostenibile nel tempo.
Il dibattito sull’autotune e sul canto senza trucchi è complesso e sfaccettato. Da un lato, c’è chi sostiene che la tecnica vocale sia fondamentale per un cantante, dall’altro c’è chi vede l’autotune come un’evoluzione naturale della musica. Forse, la verità sta nel mezzo: l’autotune può essere uno strumento utile, ma non dovrebbe sostituire la capacità di cantare bene. Alla fine, ciò che conta davvero è l’emozione che la musica trasmette, indipendentemente dagli strumenti utilizzati.
Cosa ne pensate?
Il dibattito è aperto. L’autotune ha abbassato il livello del canto, oppure ha semplicemente cambiato le regole del gioco? Un cantante deve saper cantare o basta avere uno stile riconoscibile e una produzione forte alle spalle?
Ditemi la vostra nei commenti!